SIAE e il paradosso del borderò: quando chi dovrebbe tutelare gli autori li abbandona

Nel 2023, la SIAE ha preso una decisione che ha lasciato increduli molti nel settore musicale: ha reso facoltativa la compilazione del borderò per gli eventi privati, come matrimoni, battesimi e compleanni. Una scelta che, a prima vista, può sembrare una semplificazione burocratica. Ma a uno sguardo più attento rivela un errore strategico e culturale gravissimo ai danni di chi crea musica.

Il borderò: uno strumento fondamentale per gli autori

Il borderò non è un semplice modulo. È l’unico ponte tra l’esecutore e l’autore. È grazie a quel documento che un autore può ricevere compensi ogni volta che la sua musica viene eseguita in pubblico. Rimuovere questo strumento equivale a spezzare il legame tra l’utilizzo dell’opera e il riconoscimento economico del suo creatore.

Senza borderò, l’esecutore non può dichiarare cosa ha suonato, e l’autore non ha modo di dimostrare che la sua musica è stata utilizzata. Il risultato? I compensi vengono redistribuiti sulla base di algoritmi generici, che inevitabilmente premiano i soliti grandi nomi a discapito di migliaia di autori emergenti o indipendenti.

Un ente che chiede soldi ma non tutela

La SIAE si definisce “dalla parte di chi crea”. Ma come può esserlo se impedisce agli autori di essere riconosciuti per ciò che realmente viene eseguito? Come può ancora definirsi ente di tutela se, nei fatti, si limita a riscuotere denaro da chi organizza eventi senza garantire una ripartizione analitica e meritocratica dei proventi?

In pratica, si finisce per pagare un permesso per l’uso della musica senza sapere a chi vanno quei soldi, mentre molti autori restano a mani vuote.

Nessuna alternativa valida

A rendere il quadro ancora più preoccupante è il fatto che, alla rimozione del borderò, non è seguita l’introduzione di un’alternativa valida. Non esiste oggi alcuno strumento altrettanto efficace che permetta di tracciare con precisione le opere utilizzate negli eventi privati. E, ad oggi, non sembrano esserci iniziative concrete in cantiere per colmare questo vuoto.

Una distorsione del diritto d’autore

Non tutta la musica che si esegue è iscritta in SIAE. Ma chi organizza un evento è costretto a pagare comunque. E l’autore, se non è rappresentato da SIAE, non vedrà mai un centesimo. Un paradosso che fa emergere la natura sempre più fiscale e poco meritocratica di un sistema che avrebbe dovuto proteggere la creatività e invece finisce per soffocarla.

A rendere ancora più evidente questa distorsione è il fatto che, nonostante l’abolizione del borderò per gli eventi privati, i mandatari di zona SIAE possono comunque accedere a tali eventi, spesso senza considerazione per le normative sulla privacy, utilizzando applicazioni come Shazam per identificare i brani eseguiti. Tuttavia, queste informazioni non vengono utilizzate ai fini della ripartizione dei diritti, lasciando gli autori senza riconoscimenti.

Il paradosso del libero mercato bloccato

In un mercato teoricamente liberalizzato, una location che decide di utilizzare solo repertorio alternativo a quello SIAE, affidandosi a un’altra collecting legittima, dovrebbe poterlo fare liberamente, evitando di pagare una licenza per un repertorio che non viene utilizzato. Eppure, ciò che accade è ben diverso: i mandatari SIAE, sotto la minaccia di controlli fiscali, spingono le strutture a continuare a richiedere (e pagare) la licenza SIAE agli organizzatori degli eventi, anche se nessun brano SIAE verrà eseguito.

Questo comportamento mina le fondamenta del libero mercato e rende la concorrenza un’illusione. Non si tutela l’autore, né si garantisce un equilibrio tra offerta e domanda. Si perpetua semplicemente un monopolio di fatto, in un sistema che non ha ancora accettato di essere cambiato.

Quale futuro per gli autori?

In un momento storico in cui il diritto d’autore dovrebbe vivere una nuova primavera, decisioni come queste rischiano di bloccare ogni evoluzione. La musica merita rispetto, trasparenza, e soprattutto strumenti che garantiscano una vera giustizia per chi crea.

Il futuro è nella consapevolezza. E nella scelta di modelli alternativi che mettono davvero l’autore al centro.

Di Matteo Perrone


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